Marche | ITALIA

A Favalanciata c’è un legume più “forte” del terremoto

La Comunità Slow Food del piccolo borgo dell’Appennino marchigiano e la sua fava sono diventati simbolo di rinascita sociale dopo il sisma del 2016. E mentre il mondo esterno parlava di spopolamento e inagibilità, i suoi abitanti sono ripartiti da un piccolo grande gesto: la semina.

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A Favalanciata c’è un legume più “forte” del terremoto

La Comunità Slow Food del piccolo borgo dell’Appennino marchigiano e la sua fava sono diventati simbolo di rinascita sociale dopo il sisma del 2016. E mentre il mondo esterno parlava di spopolamento e inagibilità, i suoi abitanti sono ripartiti da un piccolo grande gesto: la semina.

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In un angolo nascosto dell’Appennino marchigiano, tra le curve silenziose che collegano le frazioni montane di Acquasanta Terme a quelle di Arquata del Tronto, esiste un piccolo presidio di resistenza culturale e civile: la Comunità Slow Food di Favalanciata. Qui, nell’omonimo piccolo e caratteristico borgo dell’entroterra ascolano, un legume antico, umile e tenace come la terra che lo genera, ha saputo diventare simbolo di rinascita dopo il terremoto del 2016. Un seme, anzi una manciata di semi, come legame vivo tra memoria, comunità e un futuro agibile.

La protagonista di questa storia è la fava di Favalanciata, coltivata da generazioni negli orti privati del paese. Come tante colture marginali dell’Appennino, è diventata emblema di identità e coesione sociale.

Qui, dove la si porta nell'etimologia del nome. Dopo le conseguenze provocate dal sisma del 2016 che colpì duramente tutta l’area del Piceno compromettendo case e abitudini, qualcosa di profondamente semplice ha cominciato a ricucire le trame strappate: l’atto di coltivare, raccogliere e mangiare insieme.

Il terremoto ha lasciato Favalanciata ferita, ma non spenta.

Mentre il mondo esterno raccontava di inagibilità e spopolamento, alcuni abitanti hanno deciso di partire da un piccolo gesto antico: la semina.

È stato il modo per non perdersi, per ritrovarsi insieme e sentirsi ancora parte di qualcosa. La fava, resistente, adattabile, simbolicamente vicino alla condizione dell’uomo di montagna, è diventata il cuore di un'idea nuova: trasformare una coltivazione locale in un progetto di comunità.

Nel 2018 nasce ufficialmente la Comunità Slow Food di Favalanciata per la valorizzazione delle fave, con un doppio obiettivo: salvaguardare la biodiversità agricola e soprattutto culturale, oltre a ricostruire una rete sociale dal basso, fatta di persone, giovani e anziani, famiglie e appassionati del buon cibo. La logica non è solo quella del recupero gastronomico, ma della cura del proprio orto, del territorio e delle relazioni.

Il lavoro dei membri della Comunità non si limita alla coltivazione del proprio terreno. C'è ricerca, selezione, conservazione del seme, scambio di saperi tra generazioni e paesi lontani. Ma soprattutto c’è

l'dea, tutta Slow Food, che il cibo possa essere leva culturale, collante umano, motore di sviluppo locale. I laboratori con le scuole, le trasferte in giro per l'Italia, i pranzi o le cene condivise attorno a un piatto di fave, hanno riacceso il senso di appartenenza. In un tempo in cui le aree interne rischiano di diventare “non-luoghi”, Favalanciata resiste e si racconta proprio attraverso la sua biodiversità culturale.

Non è solo agricoltura, non è solo fare l'orto. È resistenza culturale.

È l’idea che coltivare e condividere un seme sia anche un atto di fede, soprattutto quando quel seme diventa un pretesto per restare, per tornare, per credere ancora in un modello di vita radicato nella terra, nei ritmi naturali, nella comunità. La fava di Favalanciata oggi è tutelata, cucinata in mille varianti e in diversi luoghi, ma soprattutto è diventata simbolo di rinascita. I suoi semi autoprodotti, pronti a essere inseriti negli orti privati, ogni autunno, secondo culture e procedimenti secolari, raccontano silenziosamente una storia diversa da quella delle cronache post sismiche: una storia di coesione, cura e visione. Quella di una comunità che, attraverso il più umile dei legumi, ha scelto di non dimenticare chi è, e di continuare a crescere. Insieme, per un futuro agibile.

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