Ogni volta che sento qualcuno dire che cerca solo i porcini durante le sue escursioni di raccolta funghi, resto sorpresa. Questa scelta potrebbe nascondere insicurezze o una mancanza di volontà nell’esplorare un universo molto più vasto e misterioso. Il porcino, con il suo sapore inconfondibile e apprezzato dai migliori chef di tutto il mondo, è solo una piccola parte del ricco mondo dei funghi.
I pericoli legati alla raccolta di funghi selvatici ci riportano alla mente la storia toccante del poeta cattolico Jan Zahradníček, perseguitato dai comunisti negli anni '50. A causa del suo orientamento cristiano, la sua famiglia fu condannata a vivere al limite della povertà e, per arricchire il loro misero menù, raccoglieva funghi. Nell'autunno del 1956, accadde una tragedia: due figlie del poeta morirono per avvelenamento da funghi. La sua esperienza ci ricorda quanto sia cruciale avventurarsi nel mondo selvatico dei funghi dotati di tale conoscenza per evitare esiti fatali. Per poter consumare i prodotti “selvatici” e non essere costretti a ricorrere a quelli del supermercato, dovete perciò diventare esperti in materia.
I funghi crescono ben oltre il suolo ombroso del bosco, manifestandosi in modi sia evidenti che sorprendenti.
Il mondo culinario, ad esempio, deve molto ai lieviti e alle muffe: dal lievito Saccharomyces, cruciale nella trasformazione dello zucchero in alcol nella vinificazione, fino al ruolo indispensabile del lievito da forno. Un vero intenditore di funghi deve dimostrare una sensibilità acuta verso il proprio ambiente, forse anche con l'aiuto di un cane addestrato per la ricerca dei tartufi, abbracciando così l'essenza della simbiosi ecologica.
Non dobbiamo andare oltre la collina di Petřín a Praga per trovare un esempio preminente di abbondanza micologica urbana. Qui, sotto una costruzione che ricorda la famosa Torre Eiffel di Parigi, tra le vasti aree verdi dove gli innamorati si ritrovano, mi trovo altrettanto affascinata non dall'atmosfera romantica, ma dalla ricerca dei funghi di San Giorgio attorno al giorno della sua festa. Queste imprese sfumano i confini tra la terra coltivata e il selvatico, mostrando l'adattabilità e la generosità della natura.
I funghi di San Giorgio, tesoro stagionale del genere Tricholoma, sono noti per il loro delicato aroma di cetriolo che però svanisce in cottura.
Dimostrano la resilienza della natura, spuntando sia nei percorsi battuti dei parchi cittadini sia negli angoli reconditi delle foreste selvagge, attendendo coloro che con pazienza e curiosità ne vanno alla ricerca. Anno dopo anno, ritornando in questi luoghi familiari con cesto in mano, mi sento connessa ai cicli duraturi della natura e alla ricchezza che essa offre.
Nella mia cucina, la preparazione di questi funghi si trasforma in un rito sacro, un rituale che si rinnova ad ogni stagione. La loro imprevedibilità serve come un umile promemoria dei capricci della natura. Siano essi sfuggenti o docili sotto il coltello, ogni fungo impartisce una lezione di pazienza e attenzione. Questo processo, dalla pulizia accurata alla preparazione riflessiva, mi radica nel momento, offrendo una connessione con la terra sia profonda che illuminante. Segue poi il culmine di questa narrazione foraggera:
la Kulajda, una zuppa cremosa che cattura l'essenza della primavera con la sua armoniosa combinazione di funghi, panna e aceto.
Questo piatto non è solo nutrimento, è una celebrazione dei ritmi stagionali, del patrimonio culinario e della gioia della scoperta che attende appena fuori dalle nostre porte.
Zuppa bianca “Kulajda”
Ingredienti x 4 persone:
250 gr di funghi di San Giorgio
250 gr di patate
250 gr di panna acida
2 cucchiai di farina bianca
Foglia di alloro
Pimento
4 uova
Sale e pepe
Una fetta di burro
Aneto
Aceto per acidificare
Come si prepara:
Mettere a bollire le patate con i funghi in un litro d'acqua. Aggiungere sale, aneto, spezie ed un cucchiaio di aceto, cuocere fino a quando tutto non diventa morbido. L'aceto assicurerà che i funghi non si disintegrino ma mantengano la loro forma. Addensare con la panna precedentemente miscelata alla farina. Alla fine, sbattere dentro l'uovo e aggiungere una fetta di burro per ammorbidire. Offrire aceto ad aneto agli ospiti per condire.