Milano | ITALIA

TraMa, nel cuore di Milano il panificio più piccolo d’Europa

La rivoluzione silenziosa di Matteo Trapasso, che in appena 8.87 metri quadrati sforna pane a lievitazione naturale e idee fuori scala. E racconta una nuova forma di artigianalità, fatta di semplicità e sincerità

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TraMa, nel cuore di Milano il panificio più piccolo d’Europa

La rivoluzione silenziosa di Matteo Trapasso, che in appena 8.87 metri quadrati sforna pane a lievitazione naturale e idee fuori scala. E racconta una nuova forma di artigianalità, fatta di semplicità e sincerità

In un angolo discreto di Milano, nascosto dietro una vetrina senza insegne vistose, si trova il panificio più piccolo d'Europa: appena 8.87 metri quadri. È qui che Matteo Trapasso impasta, inforna e racconta, ogni giorno, la sua idea di pane. E di mondo. TraMa è molto più di un micro-panificio: è un manifesto di artigianalità radicale, un laboratorio a vista dove tutto è sotto gli occhi di chi entra. E dove il pane diventa narrazione viva, fatta di grani scelti, fermentazioni lente e rapporti umani. In questa intervista ci ha raccontato come si costruisce una rivoluzione un impasto alla volta.

Produco e vendo in uno spazio ridotto di 8.87 mq

Che cos’è un micro-panificio?

Un micro-panificio è, come dice la parola stessa, un panificio piccolo. Questo nello specifico è un panificio di 8.87 mq quindi meno di 9 mq; è qui che io produco e vendo pane a pasta madre a lunga fermentazione con farine biologiche macinate a pietra, focacce, torte da forno e panini al latte. Micro perché produco e vendo in uno spazio ridotto di 8.87 mq.

Come nasce la tua passione per la panificazione?

La mia passione nasce nel 2015, avevo 17 anni e lavoravo in un ristorante svedese a Milano, Björk, in cui facevo il pane tagliato in open sandwich danesi, gli smørrebrød. È stato amore a prima vista, ho iniziato lì a fare pane e non ho più smesso.

Quali esperienze lavorative ti hanno influenzato e formato?

Dopo la scuola ho lavorato un anno in un panificio a Monza, Forno Del Mastro, in cui facevo pane a pasta madre ed è lì che ho iniziato a muovere i primi passi e a interessarmi a un tipo di panificazione a fermentazione naturale. Poi ho fatto qualche mese in un altro panificio, questa volta a Milano, in cui facevo pane con i grani antichi siciliani. Successivamente sono stato due anni con mio papà nella pizzeria che ha aperto a Chiavenna. Infine, nel 2022, è nato TraMa. Un caro amico ha definito questa mia idea una “straordinaria follia” perché iniziare un’attività in quel periodo voleva dire farlo senza essere ancora usciti del tutto da una pandemia, essere in un momento di crisi energetica, in un momento in cui era tutto molto rallentato e il lavoro nel mondo del food stava vivendo un profondo cambiamento.

Cetriolo di Nizhyn
Cetriolo di Nizhyn
Cetriolo di Nizhyn

In cosa è cambiato il settore del cibo di qualità?

Da una parte è cambiato in bene perché c’è una ricerca continua al voler tornare alle cose come venivano fatte una volta, ai prodotti di nicchia, a ciò che fa bene ed è sano. Stiamo assistendo a un progressivo riavvicinarsi a una produzione più autentica, fatta in modo più semplice. È cambiato in peggio perché questo porta all’essere molto, forse anche troppo, esigenti e soprattutto a volere tutti determinate cose. Ma ciò che viene fatto artigianalmente non può per definizione essere prodotto in grandi quantità. Io non vivo più di tanto questa cosa perché ho una produzione molto piccola, di qualità…poco ma buono è la mia filosofia. Ma è ovvio che una piccola produzione non ti permette di accontentare tutti.

TraMa è l’essenza della semplicità e della trasparenza

Cosa ti ha spinto a puntare su un micro-panificio?

Semplicità e trasparenza. TraMa è l’essenza della semplicità e della trasparenza. Quando ho visto questo locale ho capito subito che quello che avevo in mente poteva funzionare. Per me il pane oggi è il simbolo per antonomasia dell’unione. E unione è quello che io voglio creare con il mio lavoro: unione con i prodotti perché chi entra nel mio panificio vive quello che faccio, trasparenza perché qui non ci sono segreti, è tutto a vista: chi entra vede quello che preparo, nel bene e nel male. Sincerità, trasparenza, semplicità. Questo è per me il minimo indispensabile per fare il pane: un’impastatrice, una cella, un forno e un banco per vendere. Con ingredienti di qualità si può fare tanto.

Cosa significa TraMa?

Sono le iniziali di Trapasso Matteo, che sono io. Ma per tante persone è anche la trama del pane, è quello che hanno pensato subito. E come concetto mi piace.

Cetriolo di Nizhyn
Cetriolo di Nizhyn
Cetriolo di Nizhyn

Per aprire hai lanciato una campagna di crowdfunding…

L’idea mi è venuta la sera stessa in cui ho visto questo spazio. Avevo 24 anni e non avevo un euro da parte ma avevo bisogno di raggiungere almeno un primissimo budget iniziale per partire. Da lì mi sono detto “proviamo a testare un po’ il terreno per capire se un progetto come questo, soprattutto in una città come Milano, può interessare” e ho lanciato una campagna di crowdfunding. Non ho raccolto in realtà né tanto né poco, qualche migliaio di euro, però da lì quello che è partito è stato bellissimo: si è innescata una catena mediatica che ancora oggi continua. Prima le persone e poi i media si sono interessati al mio progetto e hanno iniziato a parlarne; è incredibile quanto oggi un giovane che fa pane abbia potuto e continui a fare notizia. Ancora oggi mi scrivono da tutta Italia e a volte anche da tutto il mondo perché le persone, soprattutto tramite i social, si sono incuriosite e avevano voglia di capire che cosa fosse questo progetto e quale fosse la mia storia.
Ad esempio, mi è successo qualche mese fa che una signora, che abita qui vicino ma non sapeva minimamente della mia esistenza, avesse deciso di venire da me perché sua figlia, che vive a Huston, aveva visto un video su Tik Tok di qualcuno che parlava di me.

Segale, farro monococco, farro spelta, saraceno, mais, riso, grano duro e grano tenero sono le 8 farine che compongono il mio pane 

Se entro nel tuo panificio, cosa posso assaggiare?

Pane a pasta madre fatto con farine biologiche macinate a pietra, focacce alla pala, torte da forno molto semplici (mele, cioccolato, arancia) e panini a latte classici per hamburger. Non ho un calendario, non ho un menu, cambio farina praticamente tutti i giorni. Adesso da qualche settimana è arrivata la mia farina, prodotta per me da Mulino Marino con cui lavoro da quando ho aperto. Si tratta di una farina composta da 8 grani differenti. L’abbiamo voluta chiamare 8.87 perché sono i mq del locale ed è anche il numero dei grani che ci sono dentro. Parte da una miscela di 7 grani a cui io ho aggiunto il mio che è l’ottavo: segale, farro monococco, farro spelta, saraceno, mais, riso, grano duro e grano tenero.

Cetriolo di Nizhyn
Cetriolo di Nizhyn
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Come avviene la selezione delle materie prime?

Un po’ ricercata e un po’ casuale. Mulino Marino lo conoscevo già e il rapporto con gli anni si è intensificato. Sono sempre andato alla ricerca di piccole realtà che sposassero i miei valori: artigianalità in spazi magari non così piccoli ma comunque non di livello industriale che portino avanti questo concetto a tutti i livelli. In realtà le mie materie prime sono pochissime: acqua, farina… poco più. Poi ho alcuni prodotti di piccole aziende agricole come miele, passata di pomodoro, composte, creme spalmabili di cioccolato che possono essere acquistate qui.

Il mio lavoro è quello di raccontare una storia che parte dal grano che diventa farina che diventa pane

Quali sono le sfide ma anche i limiti di un posto così piccolo? E come li trasformi?

Chiaramente ciò che è una sfida è anche un limite: la grandezza. Fare pane in 8.87 mq implica sia una grandissima sfida perché farlo è come giocare a tetris, è un incastro tutti i giorni per poter funzionare. È un limite nel momento in cui la produzione di pane e prodotti è, appunto, limitata. Ma artigianalità vuol dire questo, io non potrei essere artigianale se producessi tot quintali o tonnellate di pane tutti i giorni perché tradirei proprio quella particolarità che mi contraddistingue. Il problema è che non sempre le due cose sono collegate, pensiamo per esempio alla birra. Questa bevanda, per essere definita artigianale, non deve essere prodotta in dosi maggiori di un preciso quantitativo che, se superi, la fa diventare un prodotto industriale. Per il pane e la pasticceria non è così: se io produco 50 kg di pane al giorno sono uguale a chi ne produce 5.000, però la cosa non è identica. Oggi si è un po’ perso questo concetto, così come il concetto di micro. Ci sono panifici che si definiscono tali ma sono 60mq… c’è molta confusione su cosa sia oggi l’artigianalità. Il mio lavoro è quello di raccontare una storia che parte dal grano che diventa farina che diventa pane: dell’agricoltore, al mugnaio al fornaio. Quello che mangi non è solo il mio di lavoro ma ha dentro tutta la filiera che c’è dietro. E questo lo devi raccontare in una pagnotta. Facendo pane su larga scala lo perdi.

Parlando di micro-panificio e artigianalità, sicuramente una cosa che ti contraddistingue è il rapporto con i clienti.

Oggi siamo stati abituati a lavorare in tanti: in un panificio c’è chi sta davanti e chi nel retrobottega, chi ha il rapporto con i clienti vendendo il pane e chi dietro lo lavora e lo produce. Io credo però che la persona più adatta a vendere il pane, sia proprio chi il pane lo fa perché lo conosce. Facendo questo lavoro e portando avanti il concetto di raccontare una storia, devi saper investire tempo per far capire cosa c’è dietro. Qui da TraMa in realtà serve e non serve perché banalmente vedi direttamente con i tuoi occhi, è tutto qui. Però è molto importante questo rapporto, ormai per me i clienti abituali sono amici.

Cetriolo di Nizhyn
Cetriolo di Nizhyn
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Parlando invece di sostenibilità, come ti rapporti a questo tema?

Quel che ho cercato di fare è di rendere tutto sostenibile, partendo dalla quantità di pane prodotta quotidianamente che è fatta in modo da non avere sprechi o rimanenze. I macchinari sono tutti interconnessi tramite un software per ridurre l’impatto ambientale. Utilizzo packaging in cui non c’è plastica, quindi carta e altri materiali riciclabili. Il mio è un approccio 100% plastic free, non utilizzo nemmeno la pellicola. E, soprattutto, ho scelto un modello sostenibile anche per la mia vita: lavoro solo di giorno, non di notte.

Come pensi che possa evolvere il settore dell’artigianalità alimentare? Sia del pane ma anche più in generale.

Forse c’è un bisogno di tornare alle cose semplici, alle cose fatte bene. Oggi siamo un po’ tutti come se fossimo su un palcoscenico, come se dovessimo sempre dare spettacolo, fare questa cosa di mettersi sempre in mostra e fare sempre di più. Secondo me, oggi più che mai, dobbiamo scendere da questo palcoscenico e tornare un po’ noi stessi. E questo mi auguro che sia il futuro dell’artigianalità, un ritorno a noi stessi e alle cose semplici, prodotte nel modo più semplice possibile. Semplicità.

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