La Puglia è una regione vitivinicola di grande storia. Qui, con l’avvento della Magna Grecia, sono approdate le prime piante di vite giunte dal Mare Egeo. Negli ultimi due secoli hanno preso piede i vitigni primitivo, negroamaro e nero di Troia, capaci di dare vita a vini rossi di grande potenza, colore e struttura che per decenni sono stati venduti sfusi per “rinforzare” le produzioni del nord Italia e anche della Francia, ma che negli ultimi 50 anni sono stati la base per la nascita di prestigiose etichette. Poco dopo è avvenuta l’esplosione dei rosati, altro marchio di fabbrica della regione.
Ma l’errore più comune che si possa fare è quello di identificare un’area enoica con una o al massimo due tipologie, perché molto spesso ogni angolo d’Italia nasconde gemme che aspettano solo di essere scoperte. E la Puglia non fa eccezione a questa regola. Per tale motivo vogliamo qui raccontare cinque etichette assaggiate di recente che, anche rappresentando categorie in forte crescita, meritano di essere valorizzate. Si tratta di due spumanti metodo classico, un bianco, un bianco macerato e un passito. Vini che abbiamo elencato in un ideale ordine di degustazione, dal prodotto più “leggero” a quello più strutturato.
FIVE ROSES NEGROAMARO METODO CLASSICO – LEONE DE CASTRIS
Tra le aziende più storiche e rappresentative dell’intera regione c’è Leone De Castris, che affonda le sue radici fino al 1665. Due tra i tanti aneddoti: Cavaliere della Repubblica il titolo conferito alle ultime due generazioni di proprietari (da Sandro Pertini il padre, da Sergio Mattarella il figlio); il primo rosato imbottigliato in Puglia nel 1943 su idea del generale statunitense Charles Poletti. Ha sede in provincia di Lecce, a Salice Salentino, cuore dell’omonima DOC. Ed ha, ovviamente, nel negroamaro il suo punto di riferimento enologico. Negroamaro che, oltre a storici rossi e affascinanti rosati, è capace di dare vita anche a pregevoli spumanti. È il caso del Five Roses Negroamaro Metodo Classico, un brut rosé che prima della sboccatura evolve per due anni e mezzo sui lieviti. Un meraviglioso rosa delicato, tra cipria e fiori di pesco, intriga già alla vista. Fragoline di bosco, lamponi, pompelmo rosa stuzzicano il naso assieme a un accennato floreale di rosa, il tutto ravvivato da un tocco di menta. Al gusto è un trionfo di freschezza agrumata, con una acidità netta ma mai eccessiva. Il classico spumante da aperitivi, magari a bordo piscina nelle assolate estati salentine.
PAS DOSE’ METODO CLASSICO – CANTINE 7 CAMPANILI
Da un capo all’altro della Puglia, ecco San Severo, estremo nord della regione quasi al confine con il Molise. La città è ormai unanimemente riconosciuta come uno dei principali poli spumantistici del Mezzogiorno. Qui da pochi mesi è nata l’Associazione Capitanata Metodo Classico. Ne fanno parte sette aziende, per una produzione di circa 300.000 bottiglie. Ancora poche in termini di quantità, ma dall’indiscussa qualità guidata dalla verve acido-agrumata del bombino bianco e dalla elegante struttura del pinot nero - lo avreste mai detto che il re delle uve a bacca nera trova spazio anche nella calda Puglia? Proprio questo è l’uvaggio alla base del “Pas Dosé” di Cantine 7 Campanili, azienda il cui nome richiama una delle caratteristiche architettoniche della città foggiana assieme alle grotte ipogee dove riposano le bottiglie. Un giallo dorato e brillante impreziosito da finissime bollicine frutto dell’attesa lunga 8 anni sui lieviti anticipa un naso che parla di agrume candito, pasticceria, nocciole tostate. Un sorso di grande equilibrio tra cremosità e sferzante acidità resta impresso in una lunghissima persistenza arricchita da sapidità quasi salina e ritorni agrumati. Abbinamento tradizionale con crudi di mare.
LOCOROTONDO DOC SUPERIORE IL SELVA - ALBEA
C’è un’area della Puglia che è un unicum non solo per la bellezza dei suoi luoghi, a cominciare dai trulli di Alberobello, ma anche perché ospita due DOC, entrambe esclusivamente da vini bianchi, vale a dire Locorotondo DOC e Martina Franca DOC. Si tratta della Valle d’Itria che, a dispetto del nome, è uno dei pochissimi posti di questa regione in cui nelle sere d’estate a volte c’è ancora bisogno di indossare una giacca o un maglioncino. Di queste escursioni termiche e dei suoli calcarei beneficiano i vitigni autoctoni verdeca, bianco d’Alessano e minutolo. In percentuali differenti (il primo dà acidità, il secondo struttura, il terzo aromaticità) sono la base ampelografia delle due denominazioni. Il Locorotondo Superiore Il Selva di Albea ad Alberobello, cantina con 120 anni di storia e con un museo del vino e della civiltà enoica che sorgono a due passi dal quartiere dei trulli, con la sua espressività rappresenta questo angolo bianchista. Il giallo tenue con riflessi verdolini è infatti nella carta d’identità di questi vini. Così come lo sono i profumi erbacei e floreali, mentre la frutta parla di lime e mela verde. L’ingresso in bocca è teso e verticale ma sfocia poi in una discreta avvolgenza data da un alcol che non fa fatica a raggiungere i 13 gradi. Il tutto completato da una netta mineralità che ne fa il calice perfetto per accompagnare le tipiche orecchiette con le cime di rapa.
VELO DI SPOSA - LAMONARCA
A Ruvo, a una manciata di chilometri da Castel Del Monte, la famiglia Lamonarca produce olio da decenni (siamo nella regione che da sola rappresenta più della metà dell’olio italiano) ma di recente ha lanciato anche una nuova linea di vini a completare l’offerta di una azienda molto impegnata dal punto di vista della sostenibilità ambientale. Ci sono quasi tutte le varietà classiche della regione e poi c’è un blend in parti quasi uguali di bombino bianco (ancora lui), malvasia bianca e moscato bianco che non solo è l’unico vino aziendale non da monovitigno, ma soprattutto è un macerato, un vero e proprio orange tutt’altro che comune da queste parti. Romantica la scelta del nome – “Velo di Sposa” -, sorprendente il prodotto che viene fuori dopo sei mesi trascorsi in terracotta. A cominciare dall’arancio luminoso con bagliori quasi ambrati. Cotognata, dattero e albicocca sono i marcatori fruttati a cui si aggiungono cioccolato al latte, cera d’api e noce moscata a fare un naso di grande finezza e complessità. Altrettanto elegante il sorso, lungo e fresco, ma anche succoso. Ideale per accompagnare formaggi freschi e a pasta molle.
MACCONE PASSITO NERO DI TROIA - DONATO ANGIULI
Chi dice che un ottimo passito può nascere solo da un moscato, da un aleatico o da un primitivo dolce naturale? E chi dice che un nero di Troia possa dar vita solo a un grande rosso o a un fantastico rosato? Questo vitigno, che la leggenda vuole essere stato portato nell’odierna Canosa dall’eroe omerico Diomede di ritorno dalla Guerra di Troia ma che in realtà è un incrocio tra il bombino bianco e il piemontese quagliano, ha sorpreso tutti in occasione dell’edizione 2024 della rassegna AIS Dolce Puglia, vincendo il primo premio assoluto con il “Maccone Passito Nero di Troia” dell’azienda Donato Angiuli, con sede ad Adelfia (Bari). Una maturazione di 12 mesi in acciaio per un calice di un rubino impenetrabile da cui si sprigionano intensi profumi di amarena e uva passa, arricchiti da un ricco ventaglio di spezie dolci e da note balsamiche di menta. Il sorso è quasi carnoso, con una dolcezza misurata e bilanciata da un tannino levigato. Sensazioni che si protraggono a lungo assieme a rimandi fruttati. Perfetto per la torta sacher.