Firenze | ITALIA

Il fascino fanciullesco dell’abbinamento emozionale

Quando, nell’annosa ricerca del perfetto connubio cibo-vino, smetti di cercare e ti lasci trasportare. E quando le emozioni guidano le scelte, allora il concetto di “errore” è assai poco definito.

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Il fascino fanciullesco dell’abbinamento emozionale

Quando, nell’annosa ricerca del perfetto connubio cibo-vino, smetti di cercare e ti lasci trasportare. E quando le emozioni guidano le scelte, allora il concetto di “errore” è assai poco definito.

Da un po’ di tempo a questa parte ho un pallino, quello di trovare le parole per descrivere un atteggiamento che sempre più spesso mi capita di mostrare nel mio percorso di continua evoluzione nel fantomatico tema abbinamento cibo-vino. Magari qualcuno potrà obiettare che si tratti di involuzione. Ma in fin dei conti, basta non rimanere fermi, no? Chi si ferma è perduto.

Tutti noi amanti del vino fin dai primi approcci di studio veniamo ammaliati dal fascino del più adatto matrimonio enogastronomico, di quello che si insegna come “l’abbinamento che esalti contemporaneamente le caratteristiche del cibo e del vino presenti sulla tavola”, il famoso 2+2 che fa 5.

Ci barcameniamo, sperimentiamo, naso nel bicchiere o cibo in bocca quando non viceversa, siamo seriosi o siamo scherzosi (molto più spesso, troppo spesso, seriosi), fra sensazioni, profumi, aromi. E ci ritroviamo lì ad analizzare cose “strane”: grassezza, tendenza dolce, untuosità, succulenza, sapidità… oh, c’è perfino chi è riuscito a capire cosa sia l’”umami”. Ve lo dicono, sorridendo, con quell’aria soddisfatta. Ma io non ci credo mica tanto, in fondo.

Ci concentriamo, cerchiamo di capire, cerchiamo di godere. E spesso, perfino, a volte inaspettatamente, ci riesce di farlo. Fra concordanze e contrapposizioni di sapori, stagionalità, abbinamenti regionali e perfino di colori. Questo è il nostro mondo. E sì, in fondo ci piace tanto. Un po’ di snobismo, unito a cultura, a passione, a volte (perdonatemela!) ad un alcolismo mai davvero sopito del tutto. Ci sentiamo quasi supereroi. C’è perfino chi si spinge un poco oltre: sono coloro che si mettono anche a dare voti ai vini! In centesimi. Ma questa è un’altra storia.

Però a volte accade qualcosa. Capita come quando rimescoli tutte le carte in un mazzo, ricominciare da capo, senza punti di riferimento. Capita e basta, perché il nostro cervello è strano ed è bello così. 

Capitano momenti nella vita in cui rimetti tutto in discussione, senti il bisogno di trovare un senso di appagamento diverso.

Ed allora eccolo lì, il tuo abbinamento perfetto che non ti appare più tanto perfetto, il tuo cervello che rielabora e non sai perché, non sai cosa. Cerchi di capire cosa sia questa strana sensazione di un qualcosa che ti manca per far quadrare il tuo cerchio.

Riannodi i fili, ragioni, usi gli strumenti che ti sono stati insegnati, che hai imparato e nei quali credi, ma non per mera fede, ci credi perché sono giusti, perché sono assolutamente condivisibili. Ma rimani sulle tue, un po’ interdetto, hai bisogno di altro. Ed allora capita ciò che Herman Hesse nel suo “Siddharta” spiega in maniera così magnifica: “Quando qualcuno cerca, allora accade facilmente che il suo occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, fuori da quella che cerca, e che egli non riesca a trovare nulla, non possa assorbir nulla in sé, perché pensa sempre unicamente a ciò che cerca, perché ha uno scopo, perché è posseduto dal suo scopo. Cercare significa: avere uno scopo. Ma trovare significa: essere libero, restare aperto, non avere scopo”.

Ciò che capita ad un certo punto è: smetti di cercare e ti lasci trasportare.

Smetti di avere preconcetti e l’arroganza di sapere le cose, torni un po’ bambino, curioso, con la capacità di farti stupire. E’ in questo contesto che allora si inserisce la voglia di esplorare nuove sensazioni, nuovi abbinamenti, nuove emozioni. Qualcuno lo chiama, appunto, “abbinamento emozionale”: quell’abbinamento tra cibo e vino che non nasce dalla tecnica, ma nemmeno dall’esperienza dei nostri avi, dal territorio o da chissà cos’altro. E’ quella sensazione di felicità infantile che ti pervade quando ti trovi di fronte, magari, ad un vino concettualmente abbinato malissimo, perfino un vino di per sé imbevibile, ma che per qualche motivo, in quel contesto, in quel momento, è assolutamente perfetto. Che ti fa godere, che ti fa rimanere anche un po’ stupito.

Mi vengono in mente alcune esperienze vissute personalmente, come quando in un tipico diner americano, frequentato da soli locali, ti propongono meatball spaghetti, con quel sugo pregno di aglio e quella pasta scotta, quelle enormi polpette piccanti… e ti offrono un pessimo calice del peggior vino rosso di dubbia provenienza, imbevibile, del quale non puoi dire che abbia fatto legno. No, puoi semmai dire che il legno abbia fatto vino! Ed è incredibile quanto questo ti renda felice, perché sei lì, in quel momento, assolutamente a tuo agio in una realtà non tua e ti immedesimi e ti senti il re di quel niner lontano (fisicamente e culturalmente) anni luce da casa tua. Ma ti senti nel posto giusto ed al momento giusto.

Oppure quando sei ad Ariccia, in una tipica fraschetteria, ed insieme ai fantastici salumi ed alla loro porchetta, mentre improvvisati strimpellatori suonano e cantano a squarciagola canzoni locali, ti propinano la famigerata romanella. E, giuro, non ne berresti un secchio, ma due!

Abbinamento emozionale: vivere in maniera assolutamente pura e felice una esperienza unica, irripetibile, che ti crea godimento solamente nel qui-ed-ora o mai più. 

Ma può essere anche una fissazione che ti prende, la folle volontà di abbinare bollicine a qualsiasi cosa ti capiti nel piatto, senza capo né coda, solamente perché in quel momento ne hai assolutamente voglia.

Ecco: anni fa mi proposero champagne e bistecca. Fui scettico, fui didattico, fui razionale, fui adulto. Rifiutai e me ne pentii. Perché il mio cuore di bambino me lo suggeriva, me lo diceva già allora: “Prova”. A distanza di anni ho provato e lo rifarei, molte e molte volte. Naturalmente, con il giusto spumante, il giusto momento, il giusto clima, i giusti colori.

Certo, perché i colori, la stagione, il clima, non influenzano solamente ciò che il tuo organismo, banalmente e metabolicamente, desidera. Influenzano anche i tuoi stati d’animo, la tua armonia. Provate a bere una bella bollicina quando intorno a te è tutto grigio e piove. E provate a bere la stessa bollicina in una splendida giornata primaverile. Cambia il mondo, perché cambia la predisposizione del tuo cuore verso il mondo.

Lasciarsi trasportare, è il suo bello. E ti ritrovi in un dato posto, si risvegliano ricordi, magari di periodi felici, e ciò che fai lo fai solamente perché sei spinto da una forza superiore. Sai che stai sbagliando, sai che non dovresti, sai che con una fritturina di pesce il tuo Chianti Classico non ci dovrebbe stare. Eppure, per qualche motivo, per qualche strana spinta emotiva, tu quel vino lo stappi. Magari da solo, in terrazza, di fronte ad un tramonto. Di fronte alla tua fritturina. E sei felice. Qui ed ora.

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