Beer so good. Fresca, dissetante, a volte più strutturata ma sempre con un unico comun denominatore: piacere gustativo, che sia bevuta da soli oppure in piena convivialità. Ma se fosse anche salutare? Se facesse bene al corpo, in particolare alle ossa? E se a certificarlo fosse una Università? Sì, sì e ancora sì è la risposta alle tre domande. Perché c’è una birra che ha fatto accendere su di sé i riflettori che di solito si concentrano sul mondo del vino.
Perché parliamo di un luogo come la Toscana, che di vino ha tanto da insegnare, dal quale arriva questa storia così originale.
Pensare all’estate, che sia al mare o in montagna, nell’immaginario collettivo da nord a sud, da est a ovest, porta spesso con sé un cliché che accomuna tutti: un boccale di birra fredda. Sì, solo “lei”, la biondina con le goccioline che scendono vivide fuori dal bicchiere, che già quando si inizia versarla emana profumi di libertà. La birra è la bevanda popolare per eccellenza, è quella che mette tutti d’accordo senza distinguo alcuno. Dalla notte dei tempi l’essere umano ha bevuto e prodotto questa bevanda con le finalità più disparate, utilizzando come materia prima quanto il creato gli metteva a disposizione: cereali spontanei, acqua e spezie. Il luppolo, tanto caro allo stile birraio, sarà infatti introdotto solo più di recente ad opera di una suora tedesca, appassionata alchimista, che individua in questa particolare infiorescenza la materia prima da usare per rendere stabile la bevanda, oltre che darle tanto altro, dagli aromi al gusto amaro.
L’attività brassicola, che per qualità e innovazione un tempo era di pertinenza dei Paesi del Nord Europa, negli ultimi vent’anni ha assunto anche in Italia una posizione di rilievo dando luogo anche alla caratterizzazione di alcune località ben note sotto altri parametri: una per tutte la Val D’Orcia. Stupiti? Pensavate alla Val D’Orcia solo come sinonimo di vino? Nulla di più errato! Quando passione e ingegno si uniscono, il risultato può infatti essere sbalorditivo.
In quel di San Quirico D’Orcia, l’omonimo Birrificio, in partnership con l’Università di Siena e nello specifico con il prezioso supporto della professoressa Santucci, produce una birra che rappresenta un unicum tra tutte le produzioni del mondo. Frutto di un’animata ricerca sulle materie prime, quali l’orzo e le sue componenti, da risultanze scientifiche è stata individuata e così impiegata una particolare tipologia di questo cereale caratterizzata da alto contenuto di silicio.
Ed è proprio questo elemento chimico “l’ingrediente segreto”, o se preferite magico, della birra che fa bene alle ossa.
Oltre ad essere appagante e dissetante, gustoso e stimolante, il prodotto finale della lavorazione del birrificio toscano risulta così essere un alleato contro l’osteoporosi con buona pace dei salutisti no alcol: il silicio stimola infatti il metabolismo del calcio.
E come potrebbe chiamarsi una birra con queste caratteristiche? BeerBone, ovviamente. Dove “bone”, in inglese, significa ossa. Si parla della BeerBone dal gusto fresco, speziato con un flavour piacevolmente amaricante. Ogni sorso richiama il prossimo. Gustosa in ogni stagione dell’anno. La sua leggerezza la rende friendly. E il suo orzo la rende preziosa. Che dire, amici? Cheers.